«È stato un grande impegno far comprendere a tutta la popolazione la nostra volontà di fare un piccolo passo avanti per dare non l’obbligo, ma la possibilità di lavorare una domenica in più: è stato percepito, e il risultato non può che darci molta soddisfazione». È raggiante la deputata del Plr Cristina Maderni nel commentare a caldo il via libera popolare – arrivato con il 56,8% di favorevoli che ha respinto il referendum di sinistra e sindacati – all’iniziativa di cui lei è stata tra i promotori in parlamento che chiede, sostanzialmente, di aumentare da tre a quattro l’anno le aperture domenicali, di prorogare di un’ora (quindi fino alle 19) l’orario nelle feste infrasettimanali, escluso il 1° maggio, non parificate alla domenica e di aumentare il limite della superficie di vendita da 200 a 400 metri quadri per quanto riguarda le deroghe di legge per le località turistiche. Un massiccio sostegno che porta Maderni a dire che «aprire non vuol dire deregolamentare tutto», rispondendo indirettamente ai timori che hanno la sinistra e i sindacati su questo tema. Anche la presidente di Fedecommercio Lorenza Sommaruga, va da sé, è «molto contenta» per un risultato «che non era affatto scontato». La soddisfazione «si allarga al fatto che quella del popolo è stata una scelta lungimirante, ha compreso che fosse a favore dei piccoli negozi e dei consumatori, e ringrazio molto i votanti perché hanno dato fiducia a noi e ai nostri argomenti».
Per i favorevoli, la modifica della legge permette di contrastare la concorrenza italiana e aiutare i piccoli commerci. Inoltre, i sostenitori del sì hanno insistito sul fatto che le aperture domenicali non siano un obbligo, bensì una possibilità.
Per i contrari, la decisione del Parlamento è stata presa senza valutare gli effetti sul personale e tenendo in considerazione unicamente i bisogni dei grandi commerci. Inoltre, per i membri del comitato, infine, la domenica è un giorno da dedicare a famiglia, spiritualità, cultura, riposo, svago e sport.