C’è stato un momento in cui l‘olio di girasole era praticamente introvabile e se si trovava era carissimo. Di fronte a questa situazione le catene di supermercati hanno dovuto razionare le vendite mentre molte industrie alimentari hanno dovuto modificare le ricette dei propri prodotti. E così alcune aziende, in particolare quelle di merendine, biscotti, cornetti e brioches confezionati, fette biscottate, torte confezionate e focacce, hanno iniziato a riconsiderare l’utilizzo dell’olio di palma. L’olio di palma non si usa solo nella ristorazione per friggere, viene impiegato nell’industria alimentare per quasi tutti i prodotti dolci e salati, ma anche per conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili (si usa anche nell’industria farmaceutica e come biocarburante). Negli ultimi anni però era finito sotto accusa: alcune ricerche avevano dimostrato che una dieta ricca di olio di palma poteva favorire lo sviluppo del cancro.
Perché l’olio di palma è tornato sulle nostre tavole? Tutta colpa della guerra in Ucraina e dei rincari folli dell’olio di semi di girasole. Questo prodotto, infatti, ha fatto registrare in Italia il maggior incremento dei prezzi dall’inizio del conflitto, segnando un aumento record del 66%. C’è da dire che il prezzo al dettaglio dell’olio di semi di girasole era aumentato già prima dell’inizio della guerra, registrando tra dicembre 2020 e dicembre 2021 un rincaro del 28%. Poi tra febbraio e marzo 2022 c’è stato un ulteriore aumento del 15% e così i prezzi sono volati sopra i 2 euro al litro, per arrivare oggi attorno ai 3 euro.
A far schizzare in alto i prezzi dell’olio di girasole sono stati i timori di possibili carenze del prodotto, visto che quasi la metà (46%) delle importazioni nazionali arrivano dall’Ucraina (dati Coldiretti). L’Italia consuma circa 770 mila tonnellate di olio di girasole l’anno ma ne produce solo 250mila. Circa 520 milioni di tonnellate, dunque, arrivano dall’estero ma non siamo i soli. Purtroppo Russia e Ucraina coprono circa il 60% della produzione mondiale e circa il 75% dell’export, di conseguenza questo prodotto è diventato via via sempre più difficile da reperire a livello globale.